Un
signore di Foggia aveva sessantadue anni nel 1919 e camminava sostenendosi
con due bastoni. Cadendo dal calesse si era rotto le gambe e i medici
non riuscivano a guarirlo. Dopo averlo confessato, Padre Pio gli disse:
"Alzati e vattene, questi bastoni li devi gettare". L'uomo obbedì
tra la meraviglia di tutti.
Un fatto clamoroso che mise in subbuglio
tutto il foggiano accadde ad uomo nel 1919. L'uomo a quel tempo aveva
solo quattordici anni. A quattro anni, colpito da tifo, era rimasto vittima
di una forma di rachitismo che aveva deformato il suo corpo provocandogli
due vistose gobbe. Un giorno Padre Pio lo confessò e poi lo toccò con
le sue mani stigmatizzate e il ragazzo si alzò dall'inginocchiatoio dritto
come non lo era stato mai.
Grazia era una contadina di ventinove
anni circa, cieca dalla nascita, frequentava da tempo la chiesetta del
monastero. Un giorno Padre Pio le domandò all'improvviso se desiderasse
possedere la vista: "certo, lo vorrei", rispose, "purché
non mi sia occasione di peccato". "Bene, guarirai", rispose
e la mandò a Bari, raccomandandola alla moglie di un ottimo oculista.
Ma questi dopo averla visitata disse a sua moglie: "Non c'è niente
da fare con questa ragazza. Padre Pio può guarirla se vuol fare miracoli,
io devo rimandarla a casa senza operarla". Ma poiché Padre Pio te
l'ha mandata - insistette la signora, "potresti almeno tentare l'operazione
su un occhio. Lo specialista si lasciò convincere, prima operò un occhio
e poi l'altro e tutti e due furono guariti. Di ritorno a San Giovanni
Rotondo, Grazia accorse al convento e si gettò ai piedi di Padre Pio.
Questi in silenzio, guardando oltre, la lasciò fronte a terra per un pò
di tempo, poi le ordinò di levarsi. "Beneditemi Padre, beneditemi",
implorò. Egli tracciò su di lei il segno della Croce ma Grazia attendeva
ancora immobile. Quando era cieca il Padre la benediva ponendole le mani
sul capo. "Beneditemi padre, beneditemi", ripeteva la ragazza
con un certo disappunto. "E che ti ci vuole come benedizione",
replicò il Padre, "un secchio d'acqua sulla testa?"
Una
Signora racconta: "Era il 1947, avevo trentotto anni ed ero sofferente a causa di un
tumore all'intestino accertato da radiografie. Venne deciso l'intervento chirurgico. Prima
di entrare in ospedale volli andare a San Giovanni Rotondo da Padre Pio. Mi accompagnarono
mio marito, mia figlia ed una sua amica. Avevo tanto desiderato confessarmi dal Padre per
parlare con lui del mio problema ma non fu possibile perché Padre Pio ad un certo punto,
uscì dal confessionale deciso ad andar via. Rimasi delusa e piansi per il mancato
incontro. Mio marito raccontò ad un altro frate il motivo del nostro
pellegrinaggio. Questi, compenetrandosi nella mia situazione, promise di riferire tutto a
Padre Pio. Di li a poco fui chiamata nel corridoio del convento. Padre Pio, pur tra tanta
gente, sembrò interessato unicamente alla mia persone. Mi chiese il motivo della mia
evidente angoscia e m'incoraggiò assicurandomi che stavo in buone mani...e che avrebbe
pregato Iddio per me. Restai meravigliata in quanto mi resi conto che il Padre non
conosceva né il chirurgo né me. Comunque, con serenità e speranza, affrontai
l'intervento. Il chirurgo fu il primo a gridare al miracolo. Pur con le radiografie tra le
mani, dovette operarmi di appendicite non sospetta perché... del tumore non c'era alcuna
traccia. Quel chirurgo, non credente, da quel momento ebbe il dono della fede e fece
mettere il Crocifisso in tutte le stanze della clinica. Io ritornai a San Giovanni Rotondo
dopo una breve convalescenza e vidi il Padre che, in quel momento stava dirigendosi verso
la sagrestia. Si fermò all'improvviso e, rivolgendosi con un sorriso a me, disse:
"Hai visto che sei tornata? Mi dette la mano da baciare che, commossa trattenni tra
le mie.
Un
signore raccontava: "Da diversi giorni mi si era gonfiato e mi faceva un gran male il
ginocchio sinistro. Il medico mi aveva detto che il caso era piuttosto complicato e mi
aveva prescritto molte iniezioni. Un pò allarmato, prima di iniziare la cura volli
recarmi da Padre Pio. Dopo essermi confessato gli parlai del mio ginocchio e gli chiesi di
pregare. Nel tardo pomeriggio, mentre mi accingevo a ripartire, il dolore improvvisamente
scomparve. Mi guardai il ginocchio: non era più gonfio, era come il destro. Allora,
anziché partire, ritornai correndo da Padre Pio per dirgli grazie. - "Non me devi
ringraziare, ma il Signore". Poi con un sorriso aggiunse: "Di al tuo medico che
quelle iniezioni se le faccia lui".
Una
signora racconta: "Avevo avuto una gravidanza normale nel 1952, ma durante il parto
sopravvennero complicazioni. Mio figlio nacque col forcipe e per me fu necessaria una
trasfusione di sangue. Data l'urgenza non venne accertato quale fosse il mio gruppo
sanguigno. Era quello zero ma mi venne trasfuso sangue di gruppo A. Gravissime le
conseguenze: febbre alta, convulsioni, embolia polmonare, flebite agli arti inferiori,
setticemia. Venne chiamato il parroco per l'estrema unzione. Ricevetti la Santa Comunione,
ma dovettero darmela insieme a un pò d'acqua. Quando i miei accompagnarono all'uscita il
sacerdote rimasi sola. Ad un tratto mi apparve Padre Pio che mostrandomi le sua mani
piagate mi disse: "Sono Padre Pio, tu non morirai. Recita un Padre Nostro ed un
giorno verrai a trovarmi." Io che ero moribonda, mi sollevai e mi misi a sedere.
Quando rientrarono i miei parenti li invitai ad unirsi a me nella recita della preghiera
insegnata da Gesù e raccontai loro della visione. Pregammo. E da quel momento cominciai a
star bene. I medici, che appena chiamati vennero subito, constatate le mie condizioni
convennero che si trattava di un miracolo. Dopo diversi mesi andai a San Giovanni Rotondo
per ringraziare Padre Pio. Incontrai il Padre che mi dette la sua mano da baciare. Mentre
gli dicevo il mio grazie sentii un forte profumo di violette. "Tu sei stata
miracolata" - mi disse Padre Pio - ma non devi ringraziare me. E' stato il Sacro
Cuore di Gesù che mi ha mandato a salvarti perché tu gli sei devota e hai fatto i primi
venerdì del mese".
Nel
1953 - raccontava una signora - per dolori all'addome, fui sottoposta ad accertamenti
radiografici i cui risultati, però, prospettarono una situazione difficilissima che
richiedeva un intervento chirurgico urgente. Una mia amica, a cui confidai il mio
problema, mi consigliò di scrivere una lettera a Padre Pio per chiedere il suo aiuto e la
sua preghiera. Ebbi risposta: il padre mi suggeriva di "andare in ospedale". Lui
avrebbe pregato per me. In ospedale andai. Gli stessi medici che precedentemente avevano
formulato la preoccupante diagnosi, nel rifare gli accertamenti per- operatori, con
meraviglia dovettero convenire che "non avevo più nulla". Ringrazio, a distanza
di quaranta anni, ancora Padre Pio ed invito tutti a rivolgersi con fiducia a questo Santo
che non sa negare ad alcuno la sua potente intercessione.
Nel
1954, racconta una signora, mio padre, all'ora ferroviere, all'età di quarantasette
anni si ammalò di una strana malattia che gli immobilizzò gli arti inferiori. Vana
risultò ogni cura ed il posto di lavoro, dopo circa due anni, stava per essere
compromesso. Poiché la situazione peggiorava, uno zio consiglio a mio padre di andare a
San Giovanni Rotondo dove viveva un Frate cappuccino al quale il Signore aveva donato
speciali carismi. Con tante difficoltà mio padre giunse nel piccolo centro sul Gargano
accompagnato e sorretto da questo zio. In chiesa incontrò Padre Pio il quale, vedendo in
che modo si trascinava tra la folla, disse a voce alta: "Fate spazio a quel
ferroviere!" Eppure non conosceva mio padre né sapeva che egli era ferroviere.
Qualche ora dopo Padre Pio si intrattenne in fraterno colloquio con papà. Gli appoggiò
una mano sulla spalla. lo confortò con un sorriso e gli rivolse parole di
incoraggiamento. Quando mio padre si allontanò da lui non si accorse di essere stato
improvvisamente guarito. Mio zio lo seguiva sorpreso, stringendo tra le mani i due bastoni
che non servivano più.
Un
distinto signore era un ateo materialista molto noto in Puglia per il fervore con
cui propagandava la sua fede e combatteva la religione. La moglie era invece religiosa, ma
l'uomo le aveva severamente proibito di andare in chiesa e di parlare di Dio ai figli. Nel
1950 l'uomo si ammalò. La diagnosi dei medici fu terribile: "un tumore al cervello e
uno dietro l'orecchio destro". Non c'era speranza di guarigione. Ecco quanto
raccontò l'interessato: "Fui trasportato all'Ospedale di Bari. Avevo una grande
paura del male e della morte. Fu questa paura che mi fece nascere nell'animo il desiderio
di rivolgermi a Dio, cosa che non facevo da quando ero bambino. Da Bari fui trasportato a
Milano per essere sottoposto a una operazione nel tentativo di salvarmi la vita. Il medico
che mi visitò disse che l'operazione era di estrema difficoltà e i risultati assai
dubbi. Una notte, mentre ero a Milano, vidi in sogno Padre Pio. Venne a toccarmi la testa
e lo sentii dire: "Vedrai che con il tempo guarirai". Al mattino stavo meglio. I
medici furono stupiti dal mio rapido miglioramento, ma ritenevano l'intervento
indispensabile. Io invece, terrorizzato, poco prima di entrare in sala operatoria, fuggii
dall'ospedale e mi rifugiai in casa di parenti, a Milano, dove si trovava anche mia
moglie. Dopo alcuni giorni però, i dolori ripresero fortissimi e, non riuscendo
più a
resistere, tornai in ospedale. I medici, indignati, non volevano più prendersi cura di
me, poi la loro coscienza professionale prevalse. Ma prima di procedere all'operazione
credettero opportuno farmi degli altri esami. Al termine di questi esami, con grande
stupore, si accorsero che dei tumori non c'era alcuna traccia. Ero sorpreso anch'io, non
tanto per ciò che mi dissero i medici, ma perché mentre si stavano facendo gli esami
avevo sentito un intenso profumo di viole e sapevo che quel profumo annunciava la presenza
di Padre Pio. Prima di lasciare l'ospedale chiesi il conto al professore. Non mi dovete
nulla - rispose - giacché nulla ho fatto per guarirvi. Tornato a casa volli andare con
mia moglie a San Giovanni Rotondo per ringraziare il Padre. Ero convinto che la guarigione
mi era stata data da lui. Ma quando giunsi nella chiesa del convento di Santa Maria delle
Grazie i dolori ripresero violentissimi, tanto che svenni. Due uomini mi portarono di peso
al confessionale di Padre Pio. Mi ripresi. Appena lo vidi gli dissi: "Ho cinque figli
e sono molto ammalato, salvatemi Padre, salvate la mia vita". "Non sono Dio - mi
rispose - "e neppure Gesù Cristo, sono un prete come tutti gli altri, non di più,
forse di meno. Non faccio miracoli io". - "Vi prego padre, salvatemi",
implorai piangendo. "Padre Pio stette un attimo in silenzio. Levò gli occhi al cielo
e vidi che le sue labbra si mossero in preghiera. In quel momento sentii ancora l'intenso
profumo di viole. Padre Pio disse: "Va a casa e prega. Io pregherò per te. Tu
guarirai". Tornai a casa e da allora ogni sintomo del male sparì."
Racconta
un signore: "Nel lontano 1950 mia suocera fu ricoverata in ospedale per un intervento
al seno sinistro. la neoformazione, però risultò di natura maligna. Infatti, dopo pochi
mesi, fu necessario, con un nuovo ricovero, un altro intervento analogo, al seno destro.
Data la diffusione del male i medici del Policlinico di Milano diedero all'inferma tre o
al massimo quattro mesi di vita. A Milano, qualcuno ci parlò di Padre Pio e dei prodigi
attribuiti alla sua intercessione. Partii immediatamente per San Giovanni Rotondo. Attesi
il mio turno per la confessione e, quando giunse, chiesi al Padre la grazia della
guarigione per la madre di mia moglie. Padre Pio fece due lunghi sospiri pio disse:
"Preghiamo, preghiamo tutti. Guarirà!" Così fu. Mia suocera dopo l'intervento
si ristabilì e andò personalmente a ringraziare il Padre che, sorridendo le disse:
"Va in pace, figlia mia! Va in pace!" Invece di pochi mesi previsti, mia suocera
visse ancora diciannove anni durante i quali crebbe, in lei ed in noi, la devota
riconoscenza per Padre Pio".
Un'altra
guarigione, attribuita a Padre Pio, fu considerata un prodigio permanente, riguarda un ex
ferroviere toscano, morto nel 1983, a settanta anni. "Sono una sfida vivente alle
leggi fisiche" - ripeteva l'uomo. Nel 1945 viveva in provincia di Siena. Era sposato
e aveva un figlio piccolo. Lavorava come sorvegliante degli impianti elettrici di una
linea ferroviaria. La mattina del 21 maggio, mentre si recava al lavoro in motocicletta,
venne travolto da un camion. Arrivò all'ospedale in fin di vita. I medici gli
riscontrarono una frattura al cranio, una frattura all'arco sopraccigliare sinistro, la
rottura del timpano sinistro, la frattura di alcune costole e cinque fratture alla gamba
sinistra. Rimase tra la vita e la morte per diversi giorni, poi venne dichiarato fuori
pericolo. La ripresa fu lunga ma soddisfacente, tranne che per la gamba. Era così mal
ridotta che i medici non riuscivano a metterla a posto. Passava da un ospedale all'altro.
"Fui ricoverato alla Clinica ortopedica di Siena dove rimasi in cura per un
anno e mezzo. Poi andai al Rizzoli di Bologna. Dopo i primi interventi le fratture al
femore erano state parzialmente sanate ma a causa di una serie di complicazioni, la gamba
era completamente rigida. I medici parlavano di "anchilosi fibrosa del ginocchio
sinistro" e non riuscivano a guarirmi. Inoltre le ferite provocate dai numerosi
interventi chirurgici non si rimarginavano. Poiché tutti i tentativi di piegare la gamba
erano risultati inutili, i medici della Clinica ortopedica di Siena decisero di tentare la
"flessione forzata del ginocchio su apparecchio di Zuppinger in anestesia generale.
Ma le aderenze muscolari e i legamenti che bloccavano l'articolazione erano così
resistenti che anche quell'intervento risultò inutile. Anzi, quando i medici insistettero
con maggior forza, si spezzò nuovamente il femore e dovetti restare altri due mesi con la
gamba ingessata. All'inizio del 1948 fui dimesso dalla Clinica ortopedica di Siena e
dichiarato inguaribile. Avrei dovuto restare con la gamba rigida per tutto il resto della
mia vita. Avevo trentacinque anni e non riuscivo a rassegnarmi. Decisi perciò di tentare
ancora presso altri specialisti ma le speranze di successo risultarono essere pochissime e
quindi non me la sentii di affrontare un nuovo intervento. Ero demoralizzato e cattivo
come una bestia ferita. Non volevo vedere nessuno. Non volevo più vivere. Sfogavo tutto
il mio dolore contro mia moglie che tentava di farmi coraggio. Per muovermi adoperavo le
stampelle, ma riuscivo a trascinarmi solo per pochi metri perché la gamba, oltre che
essere rigida, era ancora piena di ferite sanguinanti e dolorosissime. Spesso, volevo fare
da solo, cadevo e allora urlavo con tutta la mia rabbia, bestemmiando contro Dio e contro
tutti. Mia moglie era credente, io no. Lei andava in chiesa e io la rimproveravo.
Bestemmiavo per farle dispetto e lei piangeva. Un giorno nella nostra parrocchia venne un
religioso a tenere delle conferenze. Venuto a conoscenza del mio caso volle parlare
con mia moglie per confortarla: "Perché non porta suo marito a San Giovanni Rotondo
da Padre Pio, un cappuccino che fa miracoli?" Mia moglie mi riferì quelle parole con
tanta speranza ma io scoppia in una ironica risata, pronunciando bestemmie e improperi
anche contro Padre Pio. Mia moglie non volle lasciar perdere quella possibilità e scrisse
tante volte al religioso, ma non ricevette mai risposta. Allora riprese a parlarmene e a
chiedermi di accontentarla. La mia situazione andava sempre peggio. Mi resi conto che per
me la vita era finita. La forza della disperazione ebbe il sopravvento. Verso la fine
dell'anno mi arresi. "Va bene" - dissi a mia moglie - "proviamo anche
questo". Il viaggio fu drammatico. In treno ero disteso su una barella, ma quando
dovevo salire e scendere dallo scompartimento i dolori erano atroci. La prima tappa fu
Roma, la seconda Foggia. Per raggiungere San Giovanni Rotondo c'era un solo pullman e
partiva al mattino presto. Decidemmo di trascorrere la notte in una pensione. Mentre mi
trascinavo con le stampelle scivolai in una pozzanghera, cadendo malamente. Fui soccorso
dai dipendenti delle ferrovie, i quali saputo che ero un loro collega mi misero a
disposizione una stanza negli uffici della stazione e lì passai la notte. Il mattino
presto, io, mio figlio e mia moglie prendemmo il pullman per San Giovanni Rotondo.
Il pullman si fermava a circa due chilometri dalla chiesetta dei cappuccini. Le strade non
erano asfaltate. Non so come riuscii a raggiungere la chiesa. Appena entrato, mi accasciai
su una panca mezzo svenuto. Non avevo mai visto una fotografia di Padre Pio, quindi non
sapevo riconoscerlo. In chiesa c'erano diversi cappuccini. Vicino a me ce n'era uno che
stava confessando le donne. La tendina, che serve a nascondere il confessore, era aperta.
Il frate teneva gli occhi bassi e le mani nascoste nelle maniche della tonaca. Quando
alzò la destra per dare l'assoluzione mi accorsi che portava i mezzi guanti. "E'
lui" - dissi a me stesso. In quell'istante Padre Pio alzò gli occhi e mi fissò per
un paio di secondi. Sotto quello sguardo il mio corpo cominciò a tremare, come se fosse
stato colpito da una violenta scossa elettrica. Dopo alcuni minuti il padre uscì dal
confessionale e se ne andò. Alle quattro del pomeriggio eravamo di nuovo in chiesa. Mio
figlio mi accompagnò in sagrestia. Padre Pio stava già confessando. C'erano alcune
persone prima di me. Dopo circa un quarto d'ora arrivò il mio turno. Puntellandomi sulle
stampelle, mi avvicinai al religioso. Tentai di dire qualcosa, ma lui non me ne diede il
tempo. Cominciò a parlare tracciando un quadro perfetto della mia vita, del mio
carattere, del mio comportamento. Ero completamente rapito dalle sue parole e non pensavo
più alla gamba. Quando il Padre alzò la mano per darmi l'assoluzione, provai di nuovo la
terribile scossa in tutto il corpo che avevo sentito la mattina. Senza accorgermi mi
inginocchiai e feci il segno della croce. Poi, sempre senza pensare alla gamba, mi alzai,
presi le stampelle in mano e mi allontanai camminando regolarmente. Tutto questo lo facevo
in moto del tutto normale. Mia moglie che era in chiesa, mi vide arrivare con le stampelle
in mano, ma neanche lei ci fece caso. Mi disse solo: "Che bella faccia serena che
hai!" Ci fermammo a pregare un pò, poi ci avviammo all'uscita. Solo a questo punto
mia moglie si rese conto di quello che era accaduto: "Giuseppe, ma tu cammini"
disse. Mi fermai ed osservai con immenso stupore le stampelle che avevo in mano. "E'
vero, cammino e non sento nessun dolore" risposi. "Papà" - aggiunse mio
figlio - "quando eri da Padre Pio ti sei anche inginocchiato". Potevo fare quei
movimenti con la massima naturalezza, senza nessun dolore e difficoltà. Mi tolsi i
pantaloni ed esaminai le gambe: tutte le ferite, che fino a poco prima erano doloranti e
sanguinanti, si erano rimarginate. Ora si vedevano solo delle cicatrici perfettamente
asciutte. "Sono veramente guarito!" - gridai a mia moglie e scoppiai a piangere.
Il ritorno a casa fu una marcia trionfale. Ovunque mi fermassi raccontavo quanto mi era
accaduto. Tornai a farmi visitare alla Clinica ortopedica di Siena. I medici erano
esterrefatti. Prima di tutto nel vedere che camminavo. E poi perché alle radiografie la
mia gamba non era assolutamente cambiata. L'anchilosi fibrosa al ginocchio sinistro era
sempre presente e non avrei potuto in nessun modo camminare. Il mio caso venne presentato
anche a un congresso medico a Roma. Fui visitato da molti di quelli illustri specialisti
che provenivano anche dall'estero, e tutti restarono meravigliati.
Frate Daniele raccontava che un signore
aveva una zia guarita per intercessione di Padre Pio. La zia di questo
signore, molto tempo prima, si era ammalata di tumore. La madre dell'uomo,
che era la sorella della zia, inviò un telegramma a Padre Pio per chiedere
il suo aiuto ed ebbe questa risposta: "Pregherò per vostra sorella affinché
il Signore la guarisca. Starò con le braccia alzate, perchè Egli ci
ascolti.". Il telegramma di risposta fu messo sotto il cuscino e dopo un
poco la malata riaprì gli occhi, come se tornasse da un altro mondo,
dicendo: "E' venuto un frate cappuccino e mi ha detto: "Alzati che sei
guarita". Le fecero vedere una foto di Padre Pio ed ella riconobbe il suo
benefattore. La zia ritornò in salute e ricominciò anche i lavori nell'orto.
Suor Pagani racconta:
"Avevo programmato un
viaggio per rivedere padre Pio ma prima di partire volli andare a salutare
don Giancarlo, parroco del mio paese, ricoverato in ospedale per un tumore
al polmone. L'ammalato mi chiese di raccomandarlo al santo frate: "Dite
qualcosa al Padre della mia malattia".
Giunta a San Giovanni
Rotondo, insieme a qualche altra persona mi fecero accomodare nel corridoio
della portineria, dove sarebbe passato il Santo. Ero immersa nei miei
pensieri quando giunse padre Pio. Mi diede la mano da baciare ed ebbi il
breve colloquio, il Padre chiese: "Hai altro da dirmi?".
Io rimasi un po'
sorpresa di fronte alla sua domanda, ma poi mi ripresi e dissi "Ah si,
Padre!" Il nostro parroco è ammalato di tumore ed aspetta una vostra
parola".
Padre Pio disse: "E se
Dio ha disposto che muoia, lui che vuole?".
"Padre che guarisca,
padre - Lui vuole guarire".
Il Santo rimase un po'
in silenzio e poi: "Bè, lasciamo andare..." disse non terminando la frase.
Tornata a casa, seppi
che don Gianfranco era uscito dall'Ospedale. Andai in canonica e gli riferii
quanto aveva detto il padre. In ospedale non mise più piede.
La statua della
Madonna pellegrina di Fatima giunse a San Giovanni Rotondo il 5 agosto
1959. Padre Pio era da diversi mesi ammalato. Aveva un focolaio bronco-pneumonico
on una pleurite siero emorragica. Questa era la diagnosi del suo medico
dott. Sala. Mentre la statua della Madonna fa il suo ingresso solenne
nella chiesa del convento, Padre Pio è a letto, in preghiera, impossibilitato
ad alzarsi. Ma il giorno dopo, verso le tredici, poco prima che la Madonna
sia spostata a Casa Sollievo, viene trasportato con molta cautela nella
vecchia sacrestia. Abbassano la statua fino al suo viso e lui, commosso
e con le lacrime agli occhi la bacia affettuosamente e mette un rosario
da lui benedetto nelle sue mani; poi si riporta su perché stanco e per
il timore di qualche collasso. Al riguardo padre Raffaele da Sant'Elia
a Pianisi racconta: "Dopo aver saputo che la Vergine di Fatima ha terminato
il giro in tutti i reparti dell'Ospedale, padre Pio esprime il desiderio
di volerla salutare ancora, prima della partenza. E viene nuovamente accontentato.
Lo trasportano, sempre su una sedia, nel coro della nuova chiesa e si
affaccia all'ultima finestra di destra di chi guarda la chiesa dal piazzale...l'elicottero
si solleva; prima però di prendere la rotta designata, fa tre giri sul
convento e la chiesa per salutare Padre Pio. Egli, al vedere l'elicottero
che si muove con su la Madonna, tutto commosso, con fede e lacrimante
dice: "Madonna mia, Mamma mia, sei entrata in Italia e mi sono ammalato;
ora te ne vai e mi lasci ancora malato". Detto questo, abbassa il capo,
mentre un brivido lo scuote e pervade tutto. Padre Pio ha ricevuto la
grazie e si sente bene. Il giorno dopo vuol celebrare in chiesa, ma quasi
tutti lo sconsigliano. Intanto la sera, provvidenzialmente, arriva il
prof. Gasbarrini, che lo visita minuziosamente, lo trova guarito clinicamente
e dice ai padri presenti" Padre Pio sta bene e domani può celebrare liberamente
in chiesa". Tra
la fine del 1953 e l'inizio del 1954 il Papa Pio XII ebbe un vero
e proprio tracollo fisico da stress: "Lo stomaco rifiutò
di ricevere qualsiasi cibo. Vomito continuo e nausea si alternavano ad
un ininterrotto, terribile e penoso singhiozzo. Le uniche pause erano
brevi sonni di mezz'ora. Si dovette ricorrere alla nutrizione artificiale. Un
Sacerdote ed alcuni fedeli ortodossi della Romania sono passati nella
Chiesa Cattolica dopo un miracolo di guarigione compiuto da padre Pio. Padre
Pio conobbe ciò che accadde a papa Pio XII dopo la sua morte. Il
9 ottobre 1958, lo stesso giorno in cui Eugenio Pacelli era spirato a
Castelgandolfo, suor Pascalina Lehnert scriveva una lettera a San Giovanni
Rotondo ad un frate di sua conoscenza per sapere cosa ne pensasse Padre
Pio. Il frate rispose alla suora dicendo che aveva posto la domanda a
Padre Pio il quale, con un volto quasi trasfigurato, aveva risposto: "E'
in paradiso. L'ho visto nella Santa Messa".
La statua
della Madonna pellegrina di Fatima giunse a San Giovanni Rotondo il 5 agosto
1959. Padre Pio era da diversi mesi ammalato. Aveva un focolaio
bronco-pneumonico on una pleurite siero emorragica. Questa era la diagnosi
del suo medico dott. Sala. Mentre la statua della Madonna fa il suo ingresso
solenne nella chiesa del convento, Padre Pio è a letto, in preghiera,
impossibilitato ad alzarsi. Ma il giorno dopo, verso le tredici, poco prima
che la Madonna sia spostata a Casa Sollievo, viene trasportato con molta
cautela nella vecchia sacrestia. Abbassano la statua fino al suo viso e lui,
commosso e con le lacrime agli occhi la bacia affettuosamente e mette un
rosario da lui benedetto nelle sue mani; poi si riporta su perché stanco e
per il timore di qualche collasso. Al riguardo padre Raffaele da Sant'Elia a
Pianisi racconta: "Dopo aver saputo che la Vergine di Fatima ha terminato il
giro in tutti i reparti dell'Ospedale, padre Pio esprime il desiderio di
volerla salutare ancora, prima della partenza. E viene nuovamente
accontentato. Lo trasportano, sempre su una sedia, nel coro della nuova
chiesa e si affaccia all'ultima finestra di destra di chi guarda la chiesa
dal piazzale...l'elicottero si solleva; prima però di prendere la rotta
designata, fa tre giri sul convento e la chiesa per salutare Padre Pio.
Egli, al vedere l'elicottero che si muove con su la Madonna, tutto commosso,
con fede e lacrimante dice: "Madonna mia, Mamma mia, sei entrata in Italia e
mi sono ammalato; ora te ne vai e mi lasci ancora malato". Detto questo,
abbassa il capo, mentre un brivido lo scuote e pervade tutto. Padre Pio ha
ricevuto la grazie e si sente bene. Il giorno dopo vuol celebrare in chiesa,
ma quasi tutti lo sconsigliano. Intanto la sera, provvidenzialmente, arriva
il prof. Gasbarrini, che lo visita minuziosamente, lo trova guarito
clinicamente e dice ai padri presenti" Padre Pio sta bene e domani può
celebrare liberamente in chiesa".
Padre Pio, anche per richiesta espressa della sorella del Papa e per invito
della Segreteria di Stato di Sua Santità, durante la grave malattia
del Santo Padre, non solo promise preghiere e suppliche al Signore per
la sua guarigione, ma arrivò ad offrire la propria vita in cambio
di quella del Papa.
Qualche tempo dopo il Padre Pio fu "costretto a letto, con febbre
altissima" ricorderà padre Costantino Capobianco. Egli diceva:
"io ero ignaro della cosa e non sapevo a che attribuire quell'improvviso
ammalarsi del carissimo Padre; ma il molto reverendo Padre Agostino, molto
addentro alle "segrete cose" di quell'anima singolare,
mi disse: "Ma perché gli fanno sapere certe cose? Padre Pio
si è ammalato, perché ha saputo che il Papa è in
grandi angustie. Ed ogni volta che sente notizie simili si ammala".
Padre Pio prendeva sulle sue spalle anche la "croce" del Vicario
di Cristo.
Vi fu quindi una improvvisa guarigione di Papa Pio XII il quale, una volta
guarito e venuto a conoscenza della eroica offerta del Frate Cappuccino
di San Giovanni Rotondo, scrisse una lettera alla Curia Generale dei Cappuccini,
esprimendo il gradimento per le preghiere fatte da Padre Pio.
Il parroco e la comunità affidata alle sue cure pastorali sono
passati dalla religione ortodossa al cattolicesimo per esprimere la loro
devota gratitudine a San Pio da Pietrelcina. È avvenuto a Pesceana,
una cittadina della Contea di Vallea, nella Romania centro-meridionale.
Qui la mamma di parroco, di 71 anni, era da tempo affetta da un tumore
al polmone sinistro. I medici, dopo averla sottoposta a tutti i possibili
accertamenti clinici, per la presenza di metastasi diffuse avevano per
lei previsto solo pochi mesi di vita. Neppure un intervento chirurgico
poteva essere tentato.
Il sacerdote ortodosso, non riuscendo a rassegnarsi a perdere la mamma,
si rivolse allora a suo fratello che lavorava a Roma, sperando di poter
far visitare la madre da un illustre oncologo italiano.
Il fratello del sacerdote riuscì a far visitare la madre da un
illustre oncologo, il quale confermò la diagnosi dei colleghi rumeni,
Durante la permanenza a Roma, la signora un giorno accompagnò suo
figlio in una chiesa. In un angolo notò una gigantesca statua di
Padre Pio e ne rimase fortemente colpita. Chiese chi fosse il soggetto
raffigurato ed il figlio le illustrò la storia.
Nei giorni successivi la donna ritornò in quella chiesa e ogni
volta rimase a lungo in preghiera davanti alla statua del Santo di Pietrelcina.
Passarono così due settimane e, nella data stabilita per i controlli
clinici, si recò dall'illustre chirurgo, il quale, esterrefatto,
constatò che del tumore e delle metastasi non c'era più
traccia.
La signora volle rimpatriare e raccontò tutto al figlio sacerdote
sottolineando di aver chiesto aiuto a Padre Pio e di essere stata ascoltata,
nonostante la sua appartenenza alla Chiesa ortodossa.
La notizia si diffuse nella cittadina rumena e tra i fedeli, i quali,
sotto la guida del loro pastore, cominciarono a conoscere e ad approfondire
la figura del Santo Frate stimmatizzato. Anche altri ammalati si rivolsero
a Padre Pio ed ebbero, per la sua intercessione, grazie e favori celesti.
Nacque così tra tutti il desiderio di diventare cattolici per amore
del venerato Padre.
Quando il loro desiderio si è finalmente trasformato in realtà,
hanno iniziato a raccogliere fondi per erigere in paese una chiesa dedicata
a Padre Pio.
Il frate, aggiunse che non fidandosi delle sue orecchie aveva chiesto
nuovamente a Padre Pio: "Lo ha visto in Paradiso?". "Si",
gli aveva risposto Padre Pio con un sorriso celestiale.
Al riguardo Padre Agostino da San Marco in Lamis, il 18 novembre 1958
annotava nel suo Diario: "Padre Pio ha sentito tutto il dolore della
sua anima per la morte del Papa Pio XII. Ma poi il Signore glielo ha fatto
vedere nella gloria del Paradiso".